Quella volta che…un giovane romano, nato nel cuore dell'Occidente, divenne fondatore del primo monachesimo in una terra tanto lontana e diversa come la Russia medievale.
"Quella volta che..." è una rubrica dedicata a raccontare episodi straordinari e spesso poco conosciuti della storia. Ogni articolo svela momenti in cui il destino ha preso una svolta inaspettata!
Sant’Antonio il Romano: l’asceta che fondò il primo monachesimo a Novgorod (Russia).
Quando pensiamo alla storia del monachesimo, le menti di molti vanno immediatamente ai grandi centri monastici dell'Italia e della Grecia. Tuttavia, c'è una figura meno conosciuta che ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo del monachesimo in un luogo inaspettato: la Russia. Sant'Antonio il Romano (1067-1147) è un santo che meriterebbe di essere conosciuto meglio in Italia, non solo per la sua origine romana ma per la straordinaria vicenda che lo portò a fondare uno dei principali monasteri della regione di Novgorod. Ed è singolare pensare come uno dei principali fondatori del monachesimo russo sia stato un italiano, anzi precisamente un romano!
Una Vita tra due Mondi
Nato a Roma nel 1067, Antonio visse in un periodo di grande tensione tra Oriente e Occidente, a seguito dello Scisma del 1054 che separò le Chiese d'Oriente e d'Occidente. Nonostante questa frattura, i genitori di Antonio rimasero fedeli all'Ortodossia e gli trasmisero non solo la loro fede, ma anche un'educazione di altissimo livello, che gli permise di leggere le Sacre Scritture sia in greco che in latino.
La vita di Antonio prese una svolta drammatica all'età di 17 anni, quando perse entrambi i genitori. Invece di cercare consolazione nelle ricchezze familiari, decise di seguire una strada spirituale più profonda. Distribuì metà del suo patrimonio ai poveri e l'altra metà la chiuse in un barile di legno che gettò in mare, affidando la sua vita e i suoi beni alla Provvidenza divina.
Un Viaggio Miracoloso
Dopo essersi ritirato in un monastero per condurre una vita ascetica, Antonio si trovò coinvolto in una persecuzione contro gli ortodossi, che lo costrinse a cercare rifugio su una roccia solitaria vicino al mare. Dopo, infatti, l’ufficializzazione della separazione tra il Patriarcato latino di Roma e quelli orientali, a partire dal 1054, in Occidente nacquero divisioni tra i religiosi e anche nel popolo. Si acuirono le incomprensioni e si inasprirono le reciproche relazioni, fino a veri e propri scontri tra chi voleva rimanere fedele alla Chiesa di rito Orientale e chi invece si voleva allontanare completamente. Antonio fu tra quelli che volevano difendere l’unità della Chiesa e perciò non accettavano di buon grado questa separazione e tutti i cambiamenti che ne derivarono. Fu da questa roccia, come novello San Simeone, che il 5 settembre 1105, il Signore lo rapì per portarlo nel luogo a cui lo aveva destinato. Un evento straordinario cambiò la sua vita per sempre. Una tempesta terribile staccò la roccia con lui sopra e Antonio fu trasportato miracolosamente dalla costa italiana fino alle rive del fiume Volkhov, a Novgorod, in Russia. In soli tre giorni coprì una distanza di migliaia di chilometri. Questo evento, documentato nelle Cronache della città di Novgorod, segnò l'inizio della sua missione in una terra lontana e per lui sconosciuta.
Fondazione del Monastero e Vita a Novgorod
Giunto a Novgorod, Antonio fu accolto dal Vescovo San Nikita, detto l’Eremita, che riconobbe in lui un segno della volontà divina. Su quella stessa roccia che aveva portato Antonio in Russia, con la benedizione del Vescovo, fu costruito un monastero dedicato alla Natività della Madre di Dio. Era infatti l’8 settembre, festa della Natività di Maria, il giorno in cui Antonio si ritrovò prodigiosamente in Russia trasportato su quella stessa roccia su cui esercitava la sua ascesi in Italia. Questo monastero, che presto divenne un centro di spiritualità e carità, fu il primo passo nel consolidamento della presenza monastica a Novgorod.
La vita nel monastero si basava su una regola di preghiera e lavoro, secondo il principio benedettino dell’ora et labora, un'impronta chiaramente latina. Non sappiamo se il rito utilizzato fosse quello latino, che Antonio conosceva bene, oppure quello greco. Ma certo sarebbe bello pensare che il monachesimo russo avesse avuto un’impronta latina originale anche nella Divina Liturgia, che comunque all’epoca era ancora abbastanza simile a quella orientale. Antonio in seguito fu nominato igumeno (abate) nel 1131, fu un modello nella vita spirituale e anche nel senso pratico. Sotto la sua guida, il monastero non solo si sviluppò spiritualmente, ma divenne anche un importante centro di assistenza per vedove e orfani.
Eredità e Glorificazione
Un episodio significativo della vita di Antonio riguarda il ritrovamento del barile che egli aveva gettato in mare molti anni prima. Quando fu pescato da alcuni pescatori, Antonio lo riconobbe immediatamente, ma solo dopo aver descritto con precisione il contenuto gli fu restituito. Con il denaro contenuto nel barile, Antonio acquistò nuove terre per il monastero, che continuò a prosperare anche dopo la sua morte, avvenuta il 3 agosto 1147.
Le reliquie di Sant’Antonio, conservate incorrotte, divennero oggetto di grande venerazione. La sua glorificazione ufficiale avvenne nel 1597, quando le sue reliquie furono esposte al pubblico per la venerazione. La sua vita fu scritta subito dopo la sua morte dal discepolo e successore, Andrei, e successivamente ampliata nel 1598 dal monaco Niphon.
Conclusione
La storia di Sant'Antonio il Romano è un esempio luminoso di come la santità possa trascendere i confini geografici e culturali. Dalla sua Roma natale alle remote terre di Novgorod, la sua vita è un testamento della fede cristiana che lotta per mantenersi fedele anche nelle difficoltà e persecuzioni, da qualunque parte provengano e della capacità dell'uomo di rispondere alla chiamata divina, anche nelle circostanze più straordinarie. La sua memoria è ancora viva soprattutto nella Chiesa Ortodossa Russa, che lo commemora il 3 agosto e il 17 gennaio, ricordando non solo un santo, ma anche un ponte spirituale tra l'Italia e la Russia.
La vocazione e la fede non conoscono confini, e anche nei momenti di maggior divisione, come quello segnato dallo Scisma del 1054, lo spirito può unire ciò che la politica separa.
Riflettiamo poi, su quel momento cruciale in cui Antonio, dopo aver perso tutto ciò che amava, decide di abbandonare le ricchezze materiali per cercare un tesoro spirituale più grande. Non si rifugia nel lutto, ma si getta nelle braccia della fede, persino gettando in mare metà della sua eredità, come a dire che la vera ricchezza è quella che si affida alla Provvidenza divina. Un gesto di abbandono totale che prefigura ciò che accadrà in seguito: un viaggio miracoloso che lo porterà dalla sua amata Roma alle remote sponde del fiume Volkhov.
Pensiamo a quella tempesta, un evento naturale che diventa un segno soprannaturale, e a quella roccia che diventa il mezzo di trasporto scelto da Dio per portare Antonio in un mondo nuovo. È una scena che evoca le storie bibliche di uomini trasportati dalla mano divina in terre lontane per compiere missioni straordinarie. Eppure, questa non è una leggenda antica, ma una vicenda storica documentata, un miracolo riconosciuto e ricordato da una comunità intera.
Antonio ci mostra un cammino diverso, inedito e affascinante. La sua vita ci insegna che le vie della Provvidenza sono misteriose e sorprendenti, spesso al di là di ciò che possiamo immaginare. L’affidamento totale a Dio porta ad un abbandono senza limiti. Guardando la sua vicenda sotto la luce della fede, si riesce a capire il senso nascosto dietro all’episodio della roccia. Nella Sacra Scrittura spesso la roccia rimanda al Signore. Il simbolo della roccia definisce, in un certo senso persino, l'identità di Dio, il suo essere per noi: «Il Signore è roccia eterna e stabile» (cfr. Is 26,4, Dt 32,4; Sal 31,3). «Benedetto, il Signore, mia roccia» (Sal 144,1); «Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza» (Sal 89,27). Per cui Antonio, sceglie la sicurezza che viene da Dio, la roccia su cui si stabilisce è il Signore. Quando ci si affida al Signore davvero, niente è impossibile ed Egli stesso ci porta a destinazione perché possiamo compiere la missione che ci ha donato di svolgere nella vita. Quello che il Signore ci chiede è solo la fedeltà! Allora anche l’impossibile può diventare possibile e sulla roccia divina possiamo persino prendere il volo! La nostra vita può davvero decollare! trova cioè il suo senso pieno e il suo sviluppo.
Arrivato a Novgorod, Antonio non solo fonda un monastero, ma instaura un nuovo modello di vita spirituale. Egli porta con sé le radici latine del monachesimo, quel “ora et labora” che risuona ancora oggi nei cuori di molti monaci. La sua vita ci offre una riflessione sulla possibilità di integrare culture diverse sotto il segno della fede comune, dimostrando che anche nei momenti di divisione, esiste una via di unità attraverso la santità personale e comunitaria.
E infine, c’è il ritrovamento del barile: un segno che tutto ciò che affidiamo a Dio, anche le nostre risorse materiali, ritorna a noi moltiplicato e benedetto. Antonio lo capì bene e utilizzò quei beni per consolidare la sua opera in terra russa. Una storia che ci insegna a non temere il futuro, ma a fidarci della Provvidenza, che spesso ci porta là dove non avremmo mai immaginato.
La vita di Sant'Antonio il Romano ci invita a riflettere sulla nostra vocazione personale: in quali momenti della nostra vita siamo chiamati a lasciare tutto e seguire una strada nuova e sconosciuta? E come possiamo essere, come lui, ponti spirituali tra mondi diversi, portatori di pace e unità in un mondo spesso diviso?
Quella volta che Sant'Antonio il Romano fondò il primo monastero a Novgorod, ci insegna che la santità è una chiamata universale, capace di trascendere tempi e confini, e che ogni vita, se vissuta nella fede, può diventare un ponte verso l’eternità.