Le tre stelle di Maria nel Maphorion: tra storia e simbolo
Nel linguaggio dell’iconografia cristiana, la Vergine Maria è raffigurata con tre stelle: una sulla fronte e una su ciascuna spalla. In questo video, vediamo la realizzazione della stella sul maphorion, il manto che ricopre la Madre di Dio.
Queste tre stelle non sono semplici ornamenti: esse esprimono un profondo significato teologico. Indicano la perpetua verginità di Maria:
– prima del parto,
– durante il parto,
– e dopo il parto.
La Vergine è dunque proclamata “Aeiparthenos”, sempre Vergine, nel cuore della fede della Chiesa di rito orientale come di quella latina, e la sua purezza è testimoniata da queste stelle luminose, che risplendono come segni della presenza dello Spirito Santo.
Talvolta, in alcune icone, una delle tre stelle può essere omessa, per motivi di composizione, per lasciare spazio al volto del Bambino Gesù, che siede sul grembo della Madre o seduto sulla sua mano. Ma la simbologia resta intatta: Maria è il “vaso d’oro”, il “roveto ardente” che brucia senza consumarsi, la “porta orientale” attraverso la quale passa il Signore.
Nel tracciare e dipingere la stella, l’iconografo non compie solo un gesto tecnico, ma compie un atto di venerazione, partecipando con la sua arte al mistero dell’Incarnazione.
Origine del segno delle tre stelle sul maphorion della Theotokos
Il segno delle tre stelle sulla veste della Theotokos, una sulla fronte e una su ciascuna spalla, ha radici antiche nella tradizione iconografica della Chiesa, ed è strettamente legato alla dottrina della perpetua Verginità di Maria.
L'origine di questo simbolo si collega in particolare al Concilio di Efeso (431), dove la Chiesa proclamò Maria Theotokos, Madre di Dio, contro le eresie che negavano la piena umanità e divinità di Cristo. In questo contesto, la verginità di Maria fu riaffermata come triplice: prima, durante e dopo il parto.
Questa verità è anche presente nei testi liturgici bizantini, che descrivono Maria come «Aeiparthenos» (ἀειπαρθένος
), cioè Sempre Vergine. Le tre stelle diventano così segni visibili di questa verità invisibile. Tra l’altro fu proprio in coincidenza del Concilio di Efeso che accanto all’icona della Vergine Maria, si iniziarono a scrivere le lettere greche che indicavano la sua divina maternità, e se ne trova traccia già in alcuni affreschi delle catacombe romane.
Evoluzione iconografica
Le prime raffigurazioni mariane non mostravano le tre stelle; esse compaiono progressivamente a partire dal VI-VII secolo, nell’ambito dell’arte bizantina. Inizialmente, era comune vederle in icone che raffiguravano la Madre di Dio senza il Bambino come la “Platytera”. Quando il Bambino è presente, nell’ "Hodigitria" oppure nell’”Eleousa”, una delle tre stelle, quella sulla spalla può essere omessa, perché coperta dalla presenza stessa del Verbo Incarnato, che è il compimento del mistero che le stelle significano e che occupa lo spazio su cui sta la stella che quindi resta sotto alla figura del bambino e non si vede.
Simbolismo biblico e patristico
Nel simbolismo biblico e patristico, la stella è segno di luce, purezza e rivelazione divina. Le stelle sul maphorion richiamano anche figure veterotestamentarie come:
Il Roveto ardente che brucia senza consumarsi (Es 3,2), immagine della maternità verginale;
La Porta chiusa del Tempio vista da Ezechiele (Ez 44,2), che rimane sigillata dopo il passaggio del Signore.
Padri della Chiesa come Sant’Efrem il Siro, San Giovanni Damasceno e San Gregorio di Nissa, pur non parlando esplicitamente di stelle iconografiche, svilupparono ampiamente la teologia della triplice verginità, da cui il simbolo prende senso.
Il segno delle tre stelle non è quindi una decorazione artistica, ma una professione visiva di fede. In ogni icona della Theotokos, queste stelle proclamano il mistero della maternità divina e della verginità di Maria, custodito e trasmesso dalla Chiesa attraverso l’arte sacra.
L’iconografo, tracciando queste stelle, partecipa alla missione teologica dell’icona: rendere visibile l’invisibile, confessare con il pennello ciò che si crede con il cuore.
Origine storica del segno delle tre stelle sul maphorion della Theotokos
L’usanza di raffigurare tre stelle sul maphorion della Theotokos affonda le sue radici non solo nella teologia, ma anche in una tradizione culturale concreta, diffusa nell’antico Vicino Oriente.
Nelle regioni siro-palestinesi, in epoca precristiana e nei primi secoli dell’era cristiana, era consuetudine per le giovani donne nubili portare una stella ricamata o applicata sul velo, come segno visibile del proprio stato di verginità e purezza. Questo ornamento aveva un valore sociale e simbolico: dichiarava pubblicamente la condizione della donna come "non maritata", e dunque integra, riservata.
Quando la fede cristiana si radicò in quelle terre, molte di queste espressioni culturali vennero assunte, trasfigurate e cristianizzate. Così, ciò che era un semplice segno sociale divenne, nell’arte sacra, un simbolo teologico profondissimo.
Nel caso della Madre di Dio, le tre stelle — sulla fronte e sulle due spalle — furono adottate dall’iconografia bizantina per proclamare non solo la verginità fisica, ma anche la pienezza spirituale e la santità ontologica di Maria. La tradizione patristica e liturgica ha poi riconosciuto in queste tre stelle l’espressione visiva della verginità perpetua della Theotokos.
Questa fusione tra elemento culturale e dottrina ecclesiale è un esempio di come l’iconografia, nella sua fedeltà alla Tradizione, abbia saputo accogliere gli aspetti dei contesti storici e culturali a cui era legata, elevandoli a simboli del mistero divino.
Oggi, ogni volta che l’iconografo dipinge queste stelle, egli richiama non solo il dogma, ma anche l’umile tradizione popolare da cui quel linguaggio visivo è nato. In Maria, la vergine per eccellenza, ciò che era segno di promessa diventa compimento eterno del mistero di Dio.
Il velo della Theotokos e l’assenza dei capelli nelle icone mariane
Nell’iconografia cristiana tradizionale, la Vergine Maria è sempre rappresentata con il capo velato, coperta da un manto porpora detto maphorion; manto che fu conservato e venerato a Costantinopoli per tanti secoli, fino a scomparire. Questo elemento non è solo un tratto estetico o culturale: ha un profondo significato spirituale, che affonda le radici sia nella tradizione ebraica e orientale, sia nella teologia della purezza e della consacrazione.
Significato storico e culturale del velo
Nelle società del mondo antico, in particolare in ambito ebraico, greco e siro-palestinese, il velo era segno di riservatezza, pudore e dignità. Le donne sposate e le vergini consacrate portavano il capo velato in pubblico. I capelli sciolti, al contrario, erano associati alla sensualità, alla condizione profana o, in alcuni casi, al lutto.
Per questo motivo, la rappresentazione della Vergine con il capo velato è espressione:
della sua purezza interiore,
della sua dignità regale,
e della sua consacrazione totale a Dio.
della sua realtà sponsale e materna
Il maphorion come segno di consacrazione, di maternità e sponsalità
Nel contesto iconografico, il maphorion (il manto rosso-porpora che copre la testa e le spalle della Vergine) diventa un segno teologico:
Maria è velata perché è la Madre del Figlio di Dio (Maternità divina)
è sposa dello Spirito Santo sotto l’aspetto spirituale e di Giuseppe nella realtà terrena (Sponsalità)
e proclama la sua missione unica nella storia della salvezza.
Come l'Arca dell’Alleanza era velata nel Santo dei Santi, così Maria, Nuova Arca, è velata, nascosta nel mistero.
Perché non si vedono i capelli?
Nelle icone, non si rappresentano mai i capelli di Maria perché ciò sarebbe incongruo con la sua figura di vergine consacrata, regina celeste e Madre di Dio. I capelli, che nella cultura classica erano simbolo di bellezza e attrazione fisica, vengono trasfigurati nell’arte sacra: non c’è spazio per l’estetica terrena o la seduzione, perché l’icona non ritrae la carne, ma il corpo trasfigurato dalla grazia.
Inoltre, la scelta di nascondere i capelli è coerente con il linguaggio iconografico, che tende sempre alla essenzialità e alla spiritualizzazione delle forme. Ciò che non serve al mistero, si omette; ciò che esprime il mistero, si conserva. In alcuni, casi, che non riguardano la Madre di Dio per esempio nell’icona di santa Maria Maddalena, i capelli si raffigurano, perché la sua figura rimanda al personaggio evangelico della donna che nei Vangeli asciuga i piedi a Gesù con i suoi capelli.
Mentre le tre stelle indicano soprattutto il dogma della Perpetua Verginità di Maria, il capo velato di Maria nelle icone è segno della sua Sponsalità, Maternità e Consacrazione.
È un velo che non nasconde, ma rivela il mistero, come una nube luminosa. L’iconografo, rinunciando a raffigurare i capelli, non toglie qualcosa a Maria, perché la veste della luce divina che ella indossa è più eloquente della bellezza naturale.
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