La figura dei "folli per Cristo" rappresenta un aspetto affascinante e profondo della spiritualità cristiana, nella Tradizione della Chiesa occidentale ma soprattutto di quella di rito orientale. Troviamo bellissime figure sia nel mondo latino che in quello greco-slavo. Questi individui, noti come “stolti in Cristo”, incarnano fin dalle origini del cristianesimo, un tipo di ascetismo che sfida le convenzioni sociali e le norme della razionalità umana, scegliendo di vivere in modo apparentemente irrazionale per esprimere la loro fede profonda e la loro dedizione a Dio, spinti a questo dal soffio dello Spirito Santo. Devo dire che mi hanno sempre affascinato. La tradizione dei "folli in Cristo" ha radici antiche, risalenti al IV secolo, quando asceti come Simeone di Edessa iniziarono a vivere la loro fede in modi che apparivano bizzarri agli occhi del mondo. Simeone, noto come "il Folle", si ritirò nel deserto per quasi quarant'anni, affermando: "Vado a prendermi gioco del mondo". Questi santi folli utilizzavano comportamenti eccentrici non solo per imitare Cristo, ma anche per mettere in luce l'ipocrisia e le ingiustizie della società. Fin dal IV secolo, tra le forme monastiche più estreme che si sviluppano nel deserto, quella eremitica, quella anacoretica e quella cenobitica, appare un’altra forma molto meno diffusa e compresa, quella dei monaci detti: “extra-vagantes”. Da cui deriva il termine “stravagante”, che utilizziamo nel linguaggio comune per indicare una persona un po' strana, che si veste e mostra atteggiamenti bizzarri. Questi monaci non vivono stabilmente in un monastero o in un eremo come gli altri, ma vagano da un luogo all’altro, vivendo della Provvidenza e accettando umilmente l’ospitalità di chiunque, specie dei monasteri che li accolgono e in cui accettano di svolgere i più umili lavori, ma senza mai fare radici, in perfetto distacco affettivo ed emotivo. Vivono in prima persona, quella caratteristica ambita da ogni padre del deserto e cercata da ogni asceta: la xeniteia, ossia l’estraneità, l’essere stranieri al mondo e soprattutto a sé stessi.
I "folli" spesso compivano atti di grande povertà e umiltà, dedicandosi alla preghiera e alla solidarietà con i più bisognosi. Ad esempio, Vitale di Gaza si spacciava per dissoluto per portare il Vangelo nei luoghi più degradati. Questi gesti miravano a richiamare l'attenzione sulla loro missione spirituale e a dimostrare che la vera follia risiede nella mancanza di amore e compassione.
La spiritualità dei "folli per Cristo" ha radici bibliche, non solo nei Vangeli e dalle parole di Gesù si intravvede la necessità di andare controcorrente rispetto al mondo, alle sue convenzioni, ai suoi presunti princìpi, ma in particolare San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi afferma: «Noi siamo stolti per la causa di Cristo» (1 Corinzi 4,10). E ancora dice (1 Cor 17,25): «Cristo, infatti, non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti.Dov’è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini».
Qui, Paolo sottolinea come Dio scelga ciò che è considerato stolto o debole nel mondo per confondere i sapienti. Il cammino della croce è spesso contrario alla sapienza mondana. Per questo chi vive secondo la mentalità del mondo non riesce a capire profondamente l’insegnamento evangelico. Alcune cose gli appaiono senza senso, se non vere e proprie pazzie. La carne, infatti, non comprende le cose dello Spirito, non solo, ma non le desidera e non ne prova alcun gusto. Le scelte dei santi, quindi, restano spesso misteriose e indecifrabili a chi non conosce le vie del Signore. Questa prospettiva ci invita a riflettere sulla vera saggezza, che spesso si trova al di là della logica umana.
Gli stolti in Cristo si caratterizzano per comportamenti che possono sembrare eccentrici o addirittura folli agli occhi della società. Si aggirano per le strade vestiti di stracci, praticano digiuni severi e trascorrono notti all'aperto o presso chi offre loro ospitalità. In pubblico, possono apparire scortesi o provocatori, ma in privato mostrano una grande saggezza e disponibilità ad aiutare gli altri. Questo dualismo serve a evidenziare la loro missione spirituale: rimanere distaccati dalle convenzioni mondane e avvicinarsi a Dio attraverso l'umiltà e la sofferenza.
Nonostante il loro comportamento bizzarro, gli stolti in Cristo sono spesso venerati dalla comunità. Sono considerati capaci di compiere miracoli e di avere visioni profetiche. Figure come Ksenija di San Pietroburgo, che visse nel XVIII secolo, sono esempi emblematici di questa venerazione; Ksenija è stata canonizzata dalla Chiesa ortodossa russa ed è ancora oggi ricordata come una santa.
La follia per Cristo non è un atto di ribellione contro le norme sociali fini a sé stesse, ma in quanto non seguono la legge di Dio e gli insegnamenti di Cristo, ma poi, soprattutto, rappresenta un amore profondo e autentico verso Dio e il prossimo. Come affermato da Madeleine Delbrêl, c'è bisogno di "folli" che accettino di perdersi per servire Cristo, persone pronte a vivere una vita semplice e senza compromessi. Nel cristianesimo, si vince, perdendo. Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà. Chi invece la perderà per Cristo, la troverà. Sono parole di Gesù. Oggi in particolare, molti cristiani e molta parte della Chiesa sembrano essersi ripiegati su sé stessi, scegliendo di seguire le massime del mondo, sforzandosi di costringere il Vangelo a conformarsi alla sua mentalità e di mettere d’accordo Dio e mammona. Proprio oggi queste figure di santità “controcorrente” possono insegnarci a camminare nella fede senza accettare compromessi e soluzioni facili, anzi essere felici di non essere compresi e di essere esclusi dal mondo. Questa chiamata alla follia è un invito a danzare con la vita in modo gioioso e leggero, seguendo la volontà divina senza rigidità. In un mondo che spesso premia il successo materiale e l'apparenza, questi asceti ci mostrano che la vera ricchezza si trova nella relazione con Dio e nella capacità di amare senza riserve. La loro vita è una testimonianza vivente della potenza della fede che trascende le limitazioni umane.
Questa tradizione continua a ispirare molti oggi, invitando ciascuno a esplorare la propria follia personale in nome dell'amore divino.
La "follia d'amore" è un tema centrale nella vita di questi santi. Essa si manifesta attraverso l'Eucaristia, considerata la massima espressione dell'amore divino. San Francesco d'Assisi è un esempio emblematico; dalle Fonti Francescane veniamo a sapere che San francesco si definiva un "novello pazzo", e riferisce lui stesso che il Signore gli disse che voleva che egli fosse un folle in questo mondo, e di fatto le caratteristiche della sua vita e della sua spiritualità evidenziano delle indubitabili somiglianze con gli altri “folli per Cristo” che lo hanno preceduto e che lo hanno seguito. Francesco definendosi un "pazzus in Christo", esprime così la sua volontà di abbracciare una vita di povertà e umiltà, simile a quella dei saloi bizantini e degli jurodivye russi. Questi santi "folli" vivevano comportamenti strani per sfuggire alla superbia spirituale e per servire gli emarginati, come i poveri e gli esclusi della società. Francesco, seguendo questo esempio, si dedicò a vivere tra i poveri e a identificarsi con loro, adottando un modo di vita radicalmente semplice. Tra i “folli” occidentali un altro da considerare è San Benedetto Giuseppe Labre, un santo mendicante vissuto nella metà del XVIII secolo.
Olivier Clément sottolinea che tentare di essere veramente cristiani è già di per sé un atto di follia. Attraverso le loro azioni, questi santi ci sfidano a vivere una fede autentica, che trascende le norme sociali e abbraccia l'amore incondizionato.
La figura dei "folli per Cristo" non è quindi, solo una curiosità storica; essa rappresenta un invito a riflettere sulla nostra relazione con Dio e con gli altri. La loro vita testimonia che la vera saggezza può apparire come follia agli occhi del mondo, ma è precisamente questa follia che può trasformare le vite e le società.
La tradizione dei "folli in Cristo" è particolarmente significativa nel contesto del cristianesimo orientale, dove diverse figure storiche hanno incarnato questo ideale attraverso atti di pazzia apparente e comportamenti stravaganti, motivati da una profonda devozione a Dio.
Sono davvero tanti i santi folli che meriterebbero di essere conosciuti meglio e anzi, la verità è che per essere santi bisogna essere pazzi, e che solo i folli, che hanno perso la testa per Cristo, sono capaci di azioni che nello scandalizzare il mondo, aprono le porte dei cieli. Senza questa sana e santa follia, nessuno abbraccia la croce e nessuno sale il Calvario. Ma noi oggi, siamo disposti a perdere tutto per Cristo, ad essere disprezzati ed esclusi dal mondo perché seguiamo la via stretta della verità, o preferiamo la via larga? Ci conceda il Signore il dono della pazzia per imparare la vera sapienza.